TEMI D'ESAME  DI BORGH  DANIELA

L'alunna BORGH DANIELA ha sostenuto gli Esami di Stato presso il Liceo Statale Socio-Psico-Pedagogico di Pachino(SR) nella Sessione Unica dell'anno scolastico 2000-2001  conseguendo la massima valutazione finale(100/100) e valutazioni massime relative (15/15) nella prima e seconda prova scritta e nel colloquio(35/35).

Vengono ora presentati Temi (di ITALIANO  e di PEDAGOGIA) sviluppati dalla suddetta candidata.

 

                   TEMA  DI  ITALIANO: Tipologia A - Analisi del Testo.

- Comprensione del testo.

Il testo proposto di analisi è un brano tratto dalle pagine iniziali del romanzo "La luna e il falò" di Cesare Pavese. Il protagonista,Anguilla, racconta in prima persona il ritorno al paesino dove ha trascorso l'infanzia e l'adolescenza. Anguilla è un trovatello, accolto e allevato da una famiglia di poveri contadini che,avendolo preso in casa, ha diritto ad un sussidio mensile erogato dal Comune. Anguilla trascorre i primi anni della sua vita serenamente, in un piccolo casotto di campagna, insieme ai genitori adottivi e le loro due figlie; solo alla morte di Virgilia,la madre, egli scopre di essere un orfano. Comincia da questo momento la riflessione che accompagnerà Anguilla per tutta la vita: non conoscere i propri genitori e il proprio luogo di nascita per lui significa non avere radici nè identità. Egli si rende conto di essere diverso dagli altri suoi coetanei: è la consapevolezza dell'inizio di una profonda crisi esistenziale destinata a restare insoluta.

- Analisi del testo

Anguilla, che aveva lasciato le campagne delle Langhe per cercare fortuna in America, decide di ritornare nel paesino in cui è cresciuto. La ragione, che l'autore rende volutamente implicita, è il bisogno di dare un senso alla propria esistenza cercando di determinare le proprie origini; difatti Anguilla, all'inizio del racconto, descrive i luoghi della sua infanzia citando i nomi propri di gran parte dei villaggi e paesini della zona. Tale resistenza nell'indicare con precisione i luoghi geografici denuncia la volontà di inserire le proprie vicende biografiche in un contesto ben preciso e circoscritto: in assenza di dati anagrafici ufficiali, i nomi dei paesini delle Langhe sono i soli punti di riferimento della sua esistenza. Anguilla afferma che non esiste una casa, nè un terreno, nè la tomba di un antenato( righe 2,3, "non c'è da queste parti una casa nè un pezzo di terra, nè delle ossa") a testimoniare la sua discendenza da una famiglia del luogo. La ricerca di se stesso "prima di nascere" ha senso come necessità di inserire la propria biografia personale nel corso degli eventi della storia: è il bisogno di essere partecipe dei fatti oggettivi che giustifica e motiva l'esistenza individuale del protagonista. La parola "carne", ripetuta più volte in poche righe, richiama l'esistenza materiale e tangibile dell'uomo come corpo. Anguilla sa che tale essenza corporea vale non più di qualsiasi altra vita organica ed è ciò che accomuna tutti gli uomini per questa terra ("Tutte le carni sono buone e si equivalgono"); al contrario la consapevolezza di sè e delle proprie origini, la conoscenza della propria identità come certezza su cui fondare qualcosa di concreto che faccia da ponte tra passato e futuro("farsi terra e paese"), contribuisce a dare un senso autentico e particolare alla vita dell'uomo.  La parola "bastardo", più volte ripetuta nel testo, è usata con varie sfumature di significato: nel senso di "trovatello, orfano"; in riferimento all'interesse che le famiglie di contadini avevano nel prendere con sè i fanciulli abbandonati; in senso dispregiativo, come epiteto che evidenzia la diversità tra Anguilla e i suoi coetanei e compagni di scuola.

- Interpretazione complessiva e approfondimenti.

Il romanzo "La luna e i falò", da cui è stato tratto il testo analizzato, fu pubblicato nel 1950.  La narrazione, condotta in prima persona dal protagonista,Anguilla, inizia con la descrizione dei luoghi e dei ricordi di un'infanzia segnata dal trauma della scoperta di una non-identità e dalla nascita del bisogno di cercare le proprie origini. Il contesto geografico in cui la vicenda è ambientata, le colline piemontesi delle Langhe tanto care a Pavese, sono descritte con toni lievi, con un linguaggio semplice che mette in evidenza la naturalità del paesaggio e dei luoghi. Lo stesso attaccamento alla vita rurale e genuina si può riscontrare in un altro romanzo di Pavese, "La casa in collina"; anche qui il protagonista,Corrado,vive una crisi di identità che si risolve con l'identificazione della casa e del luogo natio con il mondo interiore degli affetti dell'uomo. Particolarmente complessa è la relazione tra l'opera narrativa di Pavese e il contesto culturale e politico dell'epoca. Il disagio esistenziale dell'uomo coincide, in Pavese, con il difficile rapporto tra intellettuale e potere, e l'ansia del ritorno alle origini, oltre a rispecchiare il tormento per la ricerca di sè, nasconde il bisogno di trovare la propria autonomia artistica ed ideologica. Cesare Pavese visse, da oppositore del regime, l'esperienza del confino, come Carlo Levi, autore del celebre "Cristo si è fermato ad Eboli": entrambi questi narratori manifestanola propria opposizione al fascismo isolandosi dalla realtà intellettuale ad essi contemporanea. Diverso è invece l'approccio alla situazione politica da parte di Beppe Fenoglio, il quale partecipa attivamente alla Resistenza e si fa portavoce in romanzi come come "Il partigiano Johnny", del nuovo ruolo dell'intellettuale impegnato in prima persona nelle vicende storiche e che si oppone al totalitarismo non solo da un punto di vista sociale: il fascismo è una politica di oppressione e di tirannia verso i più deboli, e come tale va combattuto. E' importante sottolineare, per concludere, una corrispondenza tra la crisi vissuta da Anguilla e quella di Pavese e quindi il carattere fortemente autobiografico di "La luna e i falò": il protagonista del romanzo, resosi conto dell'impossibiltà di trovare se stesso attraverso la ricerca delle proprie origini, decide rassegnato di fare ritorno in America. Anche Pavese, estenuato da una malattia psichica, si convince che è impossibile trovare un senso nella vita: è per questo che si chiude in un cupo pessimismo che lo conduce al suicidio, avvenuto a Torino nel 1950 qualche mese dopo la pubblicazione di "La luna e i falò".

 

                               Tema di PEDAGOGIA

   QUESITO I) "L'immaginazione è l'ambiente in cui il ragazzo vive". E' così che Dewey, il più illustre esponente dell'Attivismo americano, ha definito quel complesso mondo che è costituito dalla fantasia, dagli affetti, dalle attitudini e le capacità cognitive e di rappresentazione di ogni fanciullo. E' difficile, per il bambino, imparare ad adattarsi ad una realtà costruita a misura di adulto e soprattutto è controproducente, in educazione, pretendere di poter formare schemi mentali rigidi in età pre-scolare e scolare, da mantenere nel tempo e utilizzare come base per gli studi successivi. Nella "società dell'immaginazione" (così si definisce la nostra era, in cui mass-media e pubblicità propongono come reale un mondo solo fittizio) i bambini hanno l'opportunità di entrare a contatto con una serie infinita di stimoli esterni da incamerare ed elaborare . Nella maggior parte dei casi tali input sono lontani dalla vita quotidiana del bambino perchè appartengono al mondo irreale confezionato dalla società dei consumi; i bambini del duemila, come genialmente intuì Dewey, vivono in un mondo immaginario, cioè conoscono, già all'età di cinque o sei anni, situazioni e cose ad essi estranee, proposte dall'incessante flusso di informazioni che ha stimolato la loro mente. E' qui che si inserisce uno degli interrogativi più scottanti del dibattito pedagogico degli ultimi decenni: è da considerare positiva questa apertura alla ricezione di dati e immagini sempre nuovi, in movimento e privi di correlazioni logiche, e bisogna continuare a tenere il mondo dell'educazione chiuso all'interno degli edifici scolastici e costretto tra le coordinate di un sistema di istruzione ormai superato ? E' opinione diffusa, nella pedagogia moderna che va dai primi sperimentatori dell'Attivismo ai più moderni teorici del dibattito sulle nuove strategie curriculari, che favorire la creazione di schemi mentali che vanno dire la tradizionale nozione di "istruzione" sia indispensabile per un apprendimento individuale proficuo e utile nelle varie situazioni applicative. L'immaginazione, nella mente di un fanciullo, presuppone creatività. Nella definizione le creatività date da Gardner nei suoi studi sul pensiero divergente sono citate tre caratteristiche essenziali, o componenti, di tale processo mentale: la fluidità, che è la varietà e la quantità di informazioni e di dati utilizzati; la flessibilità, la capacità di adattare tali dati a circostanze simili ed effettuare comparazioni e applicazioni; e infine l'originalità, quella più importante, che è il grado per cui tale pensiero si differenzia dall'opinione corrente. E' chiaro, alla luce di queste teorie, che la mente di un bambino creativo, capace di immaginare, cioè di concepire pensieri che non seguono regole fisse, nè  legami logici, è in possesso di maggiori potenzialità cognitive rispetto a coetanei privi di tali doti. L'educatore, in modo particolare nella scuola dell'infanzia e nella scuola primaria, ha il compito di favorire la formazione e l'utilizzo del pensiero divergente, formulando strategie didattiche "aperte" al contributo personale di ogni alunno. Solo permettendo agli allievi di attivare le proprie capacità cognitive è possibile riuscire ad accendere le loro menti, e fare sì che l'immaginazione, da sempre potenziale di apprendimento, diventi uno strumento indispensabile per l'adattamento alle contingenze della vita.

QUESITO IV)  I rapporti tra insegnanti e alunni sono sempre stati problematici e difficili da gestire, specialmente nei sistemi scolastici in cui l'attenzione degli educatori era focalizzata esclusivamente al raggiungimento di determinati obiettivi e disciplinari. Secondo il modo tradizionale di fare scuola si attribuisce poca importanza al dialogo come dibattito educativo e soprattutto si ignora e non si sfrutta in modo utile il concetto fondamentale di "comunicazione", il vero cemento di ogni genere di rapporto interpersonale.  Il termine comunicare vuol dire, letteralmente, "mettere in comune", quindi fare partecipi gli altri di emozioni, stati d'animo, conoscenze e nozioni per un interscambio produttivo.  In un rapporto complesso come quello che si instaura tra alunni e insegnanti spesso in circostanze particolari, accanto al codice verbale o in sostituzione ad esso, si utilizzano linguaggi diversi, detti non verbali. Tali linguaggi non sono solo espressione diretta di un pensiero ma, essendo collegati alle sfere emozionali della psiche, quelle poco controllabili con la razionalità, tradiscono e comunicano anche ciò che si vorrebbe tenere nascosto, che si ha paura o vergogna di dire. Un educatore, attento ed interessato al benessere globale dei fanciulli con cui è a contatto, è capace di cogliere ed interpretare tali segnali, ed agire in modo da ridurre o eliminare le difficoltà che possono ostacolare il regolare processo di formazione. Perchè il rapporto sia veramente "umano" è necessario instaurare un clima sereno di dialogo, nel quale la libertà espressione personale, oltre a facilitare l'educazione individualizzata perchè aiuta a conoscere il mondo interiore e la realtà sociale e familiare del bambino, consente l'esercizio di quelle libertà di parola, di pensiero e di azione che "attivizzano" l'alunno  da molteplici punti di vista.   E' utile e necessario, perchè l'educazione sia davvero democratica, passare da un rapporto definito "verticale", in cui la figura del discente è strettamente subordinata a quella del docente, al cosiddetto rapporto "orizzontale", in cui giocano un ruolo fondamentale la compartecipazione al dialogo educativo, l'interazione fra le parti e la partecipazione attiva dell'alunno al processo formativo. Tale partecipazione si esplica in modo efficace favorendo l'attività di ricerca da parte degli scolari. La ricerca che è una strategia didattica definita da alcuni "antipedagogica" proprio per il suo carattere di rottura con i sistemi tradizionali, permette all'alunno di determinare in modo autonomo obiettivi, metodi e contenuti di apprendimento. Essa ha l'importante funzione di responsabilizzare e coscientizzare l'alunno, agevolare il dialogo e contribuire a rendere più "simmetrico" e orizzontale il rapporto tra docente e discente.

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