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Pena di morte

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La pena di morte nel mondo:    Azzurro: Abolita per tutti i crimini Verde: Riservata a circostanze eccezionali (come crimini commessi in tempo di guerra) Arancione: Non utilizzata Rosso: Utilizzata come forma di punizione legale
La pena di morte nel mondo:
  • Azzurro: Abolita per tutti i crimini
  • Verde: Riservata a circostanze eccezionali (come crimini commessi in tempo di guerra)
  • Arancione: Non utilizzata
  • Rosso: Utilizzata come forma di punizione legale

La pena di morte, chiamata anche pena capitale, è l'esecuzione di un prigioniero ordinata da un tribunale in seguito ad una condanna. Solitamente la pena di morte viene comminata a persone ritenute responsabili di reati gravi, come omicidio e alto tradimento. In alcuni paesi vengono considerati passibili di pena capitale omicidi occorsi durante l'esecuzione di altri crimini violenti, come la rapina o lo stupro.

Indice

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[modifica] La pena di morte nel mondo

Per approfondire, vedi la voce uso della pena di morte nel mondo.

Dal 1990 sono più di 40 i Paesi che hanno abolito la pena di morte per tutti i crimini. In Africa, la Costa d’Avorio e la Liberia, nel continente americano, il Canada, il Messico e il Paraguay. In Asia e nel Pacifico, il Bhutan, Samoa, Turkmenistan e Filippine. In Europa e nel Caucaso del Sud, l’Armenia, la Bosnia-Herzegovina, Cipro, Serbia e Montenegro e Turchia.

I Paesi che mantengono l'uso della pena di morte nel mondo (al 2005) sono 74, quelli che non applicano condanne a morte da più di 10 anni sono 28, quelli che mantengono la pena di morte per circostanze eccezionali sono 9 e quelli che l'hanno abolita per tutti i crimini sono 89. Si ha così un totale di 83 stati che usano la pena di morte e 117 che non la applicano.

[modifica] La pena di morte in Italia

In Italia, il primo Stato ad abolire la pena di morte fu il Granducato di Toscana, in data 30 novembre 1786, sotto il regno di Pietro Leopoldo Asburgo Lorena, Granduca di Toscana. Si trattò del primo Paese civile al mondo ad aver abolito la tortura e la pena capitale.

In seguito, la pena di morte venne abolita nel 1889 anche nel Regno d'Italia, con l'approvazione quasi all'unanimità da parte di entrambe le Camere, del nuovo codice penale, durante il ministero di Zanardelli. Tuttavia, la pena di morte era stata de facto abolita fin dal 1877, anno dell'amnistia generale di Umberto I di Savoia (Decreto di amnistia del 18 gennaio 1878). La pena di morte restava però in vigore soltanto nel codice penale militare e in quelli coloniali.

Nel 1926 venne reintrodotta da Mussolini per punire coloro che avessero attentato alla vita o alla libertà della famiglia reale o del capo del governo e per vari reati contro lo stato. Il codice Rocco (1930, entrato in vigore il 1 luglio 1931), aumentò il numero dei reati contro lo stato punibili con la morte e reintrodusse la pena di morte per alcuni gravi reati comuni.

L'ultima condanna a morte venne comminata ai tre autori di una strage a scopo di rapina avvenuta nel 1945 in una cascina di Villarbasse (TO), dieci persone massacrate a bastonate e gettate ancora vive in una cisterna. L'allora capo dello stato Enrico De Nicola respinse la grazia e il 4 marzo 1947 venne eseguita l'ultima fucilazione in Italia alle Basse di Stura vicino a Torino.

La Costituzione italiana, approvata il 27 dicembre 1947 ed entrata in vigore l'1 gennaio 1948, abolì definitivamente la pena di morte per tutti i reati comuni e militari commessi in tempo di pace. La misura venne attuata con il decreto legislativo 22/48 del 22 gennaio 1948 (Disposizioni di coordinamento in conseguenza dell'abolizione della pena di morte). La pena di morte rimase nel codice penale militare di guerra fino alla promulgazione della legge 589/94 del 13 ottobre 1994 (in Gazzetta Ufficiale 25 ottobre 1994 n. 250), che l'abolì sostituendola con la massima pena prevista dal codice penale.

La pena di morte era contemplata nell'art. 21 del Codice penale[1], poi abrogato.

[modifica] Riflessione sulla pena di morte

[modifica] Nella Bibbia

Nella Bibbia sono elencate situazioni in cui Dio stesso stabilisce la pena capitale come punizione per alcune colpe: ad esempio, nell'Antico Testamento è scritto che doveva essere lapidato colui che infrangeva il comandamento di riposarsi il sabato.

Nell'Antico Testamento (Genesi, cap.2, 12-15), esistono alcuni passi in cui la divinità condanna la vendetta umana, minacciando punizioni peggiori ("sette volte" e "settanta volte sette") per chi avesse ucciso Caino e Lamek.

Nel Nuovo Testamento Gesù richiama più volte al perdono e condanna l'episodio della lapidazione della donna adultera: "Chi di voi è senza peccato, scagli per primo la pietra contro di lei" (Vangelo secondo Giovanni, cap. 8, 7).

[modifica] Pensatori cristiani

Sant'Agostino e San Tommaso d'Aquino sostengono la liceità della pena di morte sulla base del concetto della conservazione del bene comune. L'argomentazione di Tommaso d'Aquino è la seguente: come è lecito, anzi doveroso, estirpare un membro malato per salvare tutto il corpo, così quando una persona è divenuta un pericolo per la comunità o è causa di corruzione degli altri, essa viene eliminata per garantire la salvezza della comunità (Summa theologiae II-II, q. 29, artt. 37-42). Il teologo sosteneva tuttavia che la pena andasse inflitta solo al colpevole di gravissimi delitti, mentre all'epoca veniva utilizzata con facilità e grande discrezionalità.

Il malicidio è un caso particolare, previsto da Bernardo di Chiaravalle, di lecita pena di morte. Durante le crociate, il fedele cristiano poteva uccidere i nemici pagani, uccidendo cosi' il "male che era in loro".

Lo Stato pontificio ha mantenuto nel suo ordinamento la pena di morte fino al XX secolo, abolendola nel 1969, benché inapplicata dopo il XIX secolo. Per la posizione attuale della Chiesa Cattolica, vedi più avanti.

[modifica] Cesare Beccaria

Nel 1764 la pubblicazione del pamphlet (trattato breve) Dei delitti e delle pene di Cesare Beccaria stimolò la riflessione sul sistema penale vigente. Nel trattato Beccaria si esprimeva contro la pena di morte, argomentando che con questa pena lo Stato, per punire un delitto, ne commetterebbe uno a sua volta:

Parmi un assurdo che le leggi, che sono l'espressione della pubblica volontà,che detestano e puniscono l'omicidio, ne commettano uno esse medesime, e, per allontanare i cittadini dall'assassinio, ordinino un pubblico assassinio.

Tuttavia, la condanna di Beccaria verso la pena di morte, pur nella sua portata storicamente innovativa, non era espressa in termini assoluti:

La morte di un cittadino non può credersi necessaria, che per due motivi. Il primo, quando anche privo di libertà egli abbia ancora tali relazioni e tal potenza, che interessi la sicurezza della nazione; quando la sua esistenza possa produrre una rivoluzione pericolosa nella forma di governo stabilita. La morte di un cittadino divien dunque necessaria quando la nazione ricupera o perde la sua libertà, o nel tempo dell’anarchia, quando i disordini stessi tengon luogo di leggi.

[modifica] Dottrina cattolica odierna

Il Catechismo della Chiesa cattolica (1997) parla della pena di morte all'interno della trattazione sul quinto comandamento, "Non uccidere", e più specificamente nel sottotitolo che tratta della legittima difesa.

In questo contesto dice (n. 2267):

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«L'insegnamento tradizionale della Chiesa non esclude, supposto il pieno accertamento dell'identità e della responsabilità del colpevole, il ricorso alla pena di morte, quando questa fosse l'unica via praticabile per difendere efficacemente dall'aggressore ingiusto la vita di esseri umani.

Se, invece, i mezzi incruenti sono sufficienti per difendere dall'aggressore e per proteggere la sicurezza delle persone, l'autorità si limiterà a questi mezzi, poiché essi sono meglio rispondenti alle condizioni concrete del bene comune e sono più conformi alla dignità della persona umana.

Oggi, infatti, a seguito delle possibilità di cui lo Stato dispone per reprimere efficacemente il crimine rendendo inoffensivo colui che l'ha commesso, senza togliergli definitivamente la possibilità di redimersi, i casi di assoluta necessità di soppressione del reo «sono ormai molto rari, se non addirittura praticamente inesistenti» (Giovanni Paolo II, enciclica Evangelium vitae, 56: AAS 87 (1995) 464).»

È interessante il fatto che l'ultimo paragrafo è un chiarimento aggiunto in una successiva edizione del Catechismo, e si presenta come un approfondimento e un'esplicitazione della dottrina già espressa nei paragrafi anteriori. Tale esplicitazione, comunque, proviene dall'enciclica Evangelium Vitae, del 1995, che precede la pubblicazione definitiva del Catechismo nel 1997. Non è dunque un'aggiunta o una modifica alla dottrina, bensì un citare tutte le fonti dottrinali preesistenti. L'opinione pubblica aveva fatto notare che l'esposizione si prestava a essere interpretata come un velato appoggio alla pena di morte così come è applicata in molti paesi.

D'altra parte, la teologia più volte ha ribadito l'importanza del diritto alla vita e che la vita è per i cristiani un dono di Dio, che è l'unico ad avere il diritto di donarla e di toglierla. Papa Giovanni Paolo II affermò che "il diritto alla vita è il fondamento di ogni altro diritto".

Il Catechismo condanna esplicitamente il suicidio come un grave disordine morale. Ammette invece la possibilità della legittima difesa, che potrebbe portare alla morte dell'aggressore, se questo fosse l'unico modo per fermarlo (cfr. nn. 2263-2267).

Se ci atteniamo strettamente a questa conclusione ogni individuo, se di fede cristiana, è titolare di un diritto/dovere bilaterale: se da un lato egli non ha la facoltà di togliere la vita a qualcuno in quanto essa è diritto inviolabile conferito da un essere supremo, dall'altro egli stesso è titolare del diritto alla vita.

Importanti esponenti della Chiesa cattolica sono attualmente in prima fila per chiedere l'abolizione della pena di morte nel mondo.

Lo stesso Giovanni Paolo II ha più volte espresso tale posizione[2]; durante la sua ultima visita negli Stati Uniti, il 27 gennaio 1999 il pontefice ha dichiarato: "La nuova evangelizzazione richiede ai discepoli di Cristo di essere incondizionatamente a favore della vita. La società moderna è in possesso dei mezzi per proteggersi, senza negare ai criminali la possibilità di redimersi. La pena di morte è crudele e non necessaria e questo vale anche per colui che ha fatto molto del male".

La pena di morte in Città del Vaticano non era prevista per alcun reato già dal 1967 su iniziativa di papa Paolo VI; tuttavia venne rimossa dalla Legge fondamentale solo il 12 febbraio 2001, su iniziativa di Giovanni Paolo II.

[modifica] Opinione pubblica

L'opinione pubblica di molti paesi è divisa. In molti paesi in cui vige la pena di morte, primo fra tutti gli Stati Uniti, esiste un forte movimento che ne chiede l'abolizione. Viceversa, in molti paesi in cui non c'è pena di morte, tra cui l'Italia, riaffiorano periodicamente richieste di riammissione di questa pratica nel Diritto penale.

[modifica] Motivazioni favorevoli

Chi sostiene la pena di morte indica i seguenti elementi:

  • La pena di morte sarebbe un efficace deterrente.
  • La necessità di punizioni esemplari per i delitti più efferati
  • Il non funzionamento del sistema carcerario
  • Le spese eccessive per il mantenimento dei detenuti

[modifica] Motivazioni contrarie

Si fanno sempre più vivi nel mondo i movimenti che chiedono l'abolizione della pena di morte in nome dei diritti umani.

La riflessione che viene portata avanti si basa su elementi comuni:

  • La inumanità della procedura
  • La possibilità dell'errore
  • Il non funzionamento della pena di morte come deterrente per i delitti più efferati. Piuttosto, si pensa che la sua introduzione potrebbe avere un effetto contrario.
  • La possibilità che bisogna dare al reo di redimersi e di rendersi in qualche modo utile alla comunità a cui ha arrecato danno.
  • La mancanza di diritto da parte dello stato di decidere per la vita umana, che (secondo gli abolizionisti) non gli appartiene.
  • L'impossibilità di ridare la vita nel caso in cui un uomo, condannato alla morte, fosse ritenuto innocente in seguito ad un successivo processo.

[modifica] Modalità dell'esecuzione della pena di morte

Storicamente sono apparsi molti modi per applicare la pena di morte secondo le varie epoche e culture:

[modifica] Letteratura

Franz Kafka descrive nel racconto La colonia penale (1919) le sadiche macchinazioni di un militare per infliggere una condanna a morte esemplare a un detenuto. Per questo inventa e realizza una macchina che prima di finire il reo gli scrive nella schiena con il suo proprio sangue la sentenza di condanna. Purtroppo la macchina si inceppa al momento dell'esecuzione, e il suo autore è stritolato da essa nel momento in cui vi si infila per controllarla.

Anche ne Il processo (1925) si descrive la condanna a morte di una persona.

Lo scrittore russo Fëdor Dostoevskij, condannato a morte ma in seguito graziato, nei primi capitoli de L'idiota fa pronunciare al protagonista del romanzo una violenta requisitoria contro la pena di morte.

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«Ora, può darsi che il supplizio più grande e più forte non stia nelle ferite, ma nel sapere con certezza che, ecco, tra un'ora, poi tra dieci minuti, poi tra mezzo minuto, poi adesso, ecco, in quell’istante, l'anima volerà via dal corpo e tu non esisterai più come uomo, e questo ormai con certezza; l’essenziale è questa certezza. [...] La punizione di uccidere chi ha ucciso è incomparabilmente più grande del delitto stesso. L'omicidio in base a una sentenza è incomparabilmente più atroce che non l’omicidio del malfattore. »

[modifica] Note

  1. L'art. 21 del Codice penale (poi abrogato) recitava: La pena di morte si esegue, mediante fucilazione, nell'interno di uno stabilimento penitenziario, ovvero in un altro luogo indicato dal Ministro della Giustizia. L'esecuzione non è pubblica, salvo che il Ministro della Giustizia disponga altrimenti.
  2. http://www.santegidio.org/it/pdm/news/int_papa.htm

[modifica] Voci correlate

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