PREFAZIONE

 

L’autore ha voluto scrivere  questo trattato perché è stato, dal primo giorno della sua vita da insegnante, sempre sensibile alla problematica sociale relativa al dialogo tra le varie componenti (docenti-genitori-alunni) presenti nelle Istituzioni scolastiche del nostro paese.

Questo trattato potrebbe essere di stimolo affinché possa nascere un nuovo rapporto sociale in questo mondo dove i fini etici e morali stanno ormai scomparendo.

Nel testo si presentano quattro fasi.

Nella prima si discute del dialogo tra i genitori ed i propri figli e si  evidenziano i motivi dei dissidi più ricorrenti  e il metodo che l’autore ritiene migliore per superarli.

Nella seconda fase si parla dei rapporti esistenti oggi tra i docenti delle nostre scuole e gli studenti. Anche in questo caso l’autore di dire il suo parere per poter raggiungere nel migliore dei modi un risultato ottimale.

Si passa poi alla terza fase dove si individuano pregi e difetti degli Organi Collegiali  visti da un docente e sui rapporti tra gli altri componenti delle Istituzioni Scolastiche.

L’autore conclude con sue considerazioni sul fenomeno droga.

 

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                     INTRODUZIONE

 

L’Umanità è ormai nel Duemila, ha conquistato ottimi risultati in molti campi delle Scienze, ma viene spesso domandato dai Genitori  degli Studenti ai Dirigenti  delle Istituzioni Scolastiche  quale è il livello psicologico-educativo raggiunto dai Docenti Italiani nella rispettiva didattica.

Si organizzano  spesso corsi di aggiornamento e anche se ottimi sono sempre i presupposti, i risultati finali sono di gran lunga inferiori alle aspettative poiché si risolvono abitualmente con interminabili relazioni, che non hanno quasi mai nulla di aggiornamento psico-pedagogico.

Lo Stato chiede ai docenti una maggiore preparazione che gli stessi dovrebbero acquisire da corsi di aggiornamento basati su discussioni più o meno approfondite culturalmente, ma che si allontanano indefinitivamente dallo scopo preminente che essi dovrebbero raggiungere quale, per esempio, il comprendere il motivo per cui molto spesso i giovani si allontanano dallo studio e respingono certe imposizioni della classe docente.

E’ sempre più attuale, quindi, ricercare le cause di questa crisi che sta portando la Scuola Italiana  ad un livello infimo in confronto a quello raggiunto in altri paesi del mondo.

Ci si domanda in quali campi sono da ricercarsi le cause.

 

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 RAPPORTI_GENITORI_FIGLI

 

Ritengo cosa migliore che la nostra discussione debba iniziare dalla Istituzione che l’essere vivente conosce dal momento della sua nascita, se non anche da prima, quale quella familiare.

Molti di noi docenti hanno potuto constatare personalmente che il profitto di un alunno molto spesso è direttamente proporzionale al tipo di ambiente familiare in cui il giovane si trova inserito.

E’ fuor di dubbio che una persona che trova nella propria famiglia una giusta armonia, può riflettere la sua sicurezza nel mondo esterno più vicino che lo circonda e quindi può riuscire a rendere al massimo negli studi.  

Ma da che cosa dipende l’armonia menzionata  prima?

Essa deriva fondamentalmente dal rapporto esistente nell’ambito della famiglia, non solo tra il figlio ed i propri genitori, ma anche tra gli stessi genitori.

Se un giovane vede dissidi tra i suoi genitori, spesso si chiude in se stesso e non intende avere alcun rapporto amichevole con essi per parecchio tempo.

Questa sua chiusura lo porta a reagire anche in modo assurdo nell’ambiente esterno che lo circonda rigettando eventuali buoni consigli che gli vengono dati anche dagli amici più cari o da qualche docente intelligente che riesce a comprendere il motivo dello strano comportamento del proprio allievo.

Un’altra causa negativa che c’è da riscontrarsi nell’ambiente familiare è spesso il mancato dialogo esistente tra i genitori ed i propri figli.

Spesso si mettono al mondo figli con un tale egoismo che si rasenta l’assurdità. I figli  vengono considerati le cause dei non raggiunti limiti di comodità economica o di felicità non avuta causa malattie o altri motivi, quali, per esempio, frustrazioni avute nella giovinezza, che rendono i genitori poco inclini al dialogo verso le creature che inconsciamente hanno procreato.

Ed ecco perché molti giovani respingono ogni serio dialogo rifiutando amicizie, oppure accettando solo quelle infide che li possono portare ad una speranza celestiale di un migliore rapporto tra loro e i propri genitori.

Si gettano così irreparabilmente nel vizio e spesso nell’immane propria catastrofica fine quale quella che essi trovano nella droga.

Un’altra situazione anormale che frequentemente si incontra nelle pareti familiari è il diverso comportamento di un genitore verso l’uno o l’altro figlio non tanto desiderato.

Spesso si ascoltano giovani che preferiscono abbandonare il proprio tetto familiare perché, dicono, non sono capiti dai genitori coi quali hanno continue liti dovute spesso al motivo di cui si è detto prima oppure al fatto che i genitori non riescono a comprendere gli interessi dei giovani congiunti e al mancato dialogo.

Il rapporto familiare  è quindi importantissimo per poter ottenere dai figli il migliore risultato quando non solo essi cominciano ad intraprendere la carriera scolastica, ma anche quando escono dal tetto familiare, dove sono cresciuti, per iniziare una loro vita autonoma.

E’ necessario che due genitori evitino gli inevitabili futili screzi, che giornalmente possono presentarsi tra due coniugi, davanti ai propri figli ed evitino di rivolgere verso di loro stupidi ed inutili rimproveri spinti spesso da motivi di cui i giovani non hanno colpa, quali il mancato risultato positivo di un proprio affare o la stanchezza dovuta ad un massacrante giorno di lavoro.

E’ necessario seguire i propri figli con amore, simile a quello presente nel momento del rapporto che portò al loro concepimento.

Evitare di disinteressarsi dell’andamento culturale dei propri congiunti domandando agli stessi anche gli argomenti  studiati ed acquisiti negli ultimi giorni.  Chiedere spesso ai docenti dei propri figli quali lacune o difficoltà essi riscontrano negli stessi tentando di intervenire.

Non punire drasticamente il figlio ma capire il motivo di quel determinato comportamento tentando di far ragionare il giovane facendogli comprendere il male al quale potrebbe incorrere in caso contrario.

Preparare i propri figli alla loro vita sessuale futura, rifuggendo tutti i tabù ancora presenti.  Per far ciò occorre dialogare coi figli ancor prima della pubertà con semplici spiegazioni logiche che rendano più naturali possibili le relative argomentazioni.   In queste discussioni spiegare l’importanza dell’amicizia tra due individui dello stesso e di diverso sesso, e quale valore riveste l’affetto e l’amore tra due individui di sesso opposto.  Lasciare che il proprio figlio o figlia frequenti compagnie di sesso opposto sin dalla pubertà  è molto naturale e psicologicamente molto costruttivo.  Ma affinché questo rapporto di amicizia e, successivamente, di affetto e di amore, continui senza tabù è necessario che il genitore o la genitrice o insieme spieghino al giovane tutto sul rapporto sessuale.  Si dica, per esempio, che il rapporto passa gradualmente attraverso varie fasi sempre crescenti.

Alla base di esso deve comunque esistere sempre un consistente tributo affettivo, senza il quale gli atti d’amore sono solo svolti egoisticamente e brutalmente, nel male dell’uno o dell’altro partner. 

Essere chiari e franchi nell’illustrazione di tutti i mezzi anticoncezionali tuttora esistenti.  Fare anche comprendere che l’ultimo atto dovrebbe, in verità, essere svolto solo dopo un solido rapporto d’intesa, possibilmente dopo il matrimonio, non per i modi correnti di vita comune, ma poiché esso è il culmine di un rapporto che psicologicamente è estremamente importante nella vita di un giovane.

Non dimentichino i genitori che in assenza di questi loro chiari avvertimenti i giovani sono in balia di notizie più o meno sbagliate e che facilmente, in caso contrario, possono incorrere in brutte compagnie.

Parimenti considerino il fatto che a restrizioni  maggiori corrispondono, spesso per ripicca, comportamenti giovanili di gran lunga opposti a ciò che i genitori desidererebbero.

Il Ministero della Pubblica Istruzione dovrebbe, da parte sua, impartire disposizioni in modo che i docenti abbiano la possibilità, se lo vogliono, di dialogare seriamente con gli allievi su tale argomento.

Sinora, infatti, è vietato agli educatori prendere iniziative del genere.

Sappiano, infine, i genitori che, come caso limite, è molto meglio sapere dai figli di loro avvenuti rapporti sessuali con tutte le sicurezze del caso, che avere in casa ragazze-madri o figli prematuramente padri.

Continuando il dialogo coi figli è bene accordare loro gite coi coetanei, scolastiche e non, perché esse sono essenziali  per il raggiungimento di una seria maturità.  Evitare di far perdere ai figli giorni di scuola se non in casi estremamente seri perché ogni giorno di lezione perduta può portare il giovane ad acquisire lacune scolastiche che possono, in caso contrario, essere facilmente evitate.

Il motto più importante è quello di consigliare i propri figli, ascoltare i loro discorsi, accettare certe situazioni che prima erano considerate inconcepibili.

Solo così  si può instaurare un costruttivo dialogo e si possono ritrovare nel futuro giovani estremamente sicuri che riusciranno, a loro volta, a dare ai propri figli una valida istruzione coi consigli avuti dai loro genitori.

L’ultima considerazione nel rapporto genitori-figli è data dall’interesse mostrato dai genitori verso i loro giochi, interessi, e i loro sport preferiti.

Spesso gli adulti si disinteressano del modo in cui i giovani trascorrono il loro tempo libero, considerando i giochi dei bambini e lo sport degli adolescenti troppo lontani dall’interesse di un adulto. Ciò è molto grave perché il genitore deve seguire con affetto anche il gioco infantile poiché il bambino in questo caso si sente più adulto rallegrandosi in modo insperato quando vede il proprio genitore interessarsi dei suoi giochini. Accetta ben volentieri qualche consiglio dell’adulto atto a migliorare la qualità del suo gioco.

      Lo stesso può dirsi dell’adolescente che si riempie di gioia nel vedere il proprio padre o madre accettare di partecipare con lui a qualche sport, quale il calcio, il tennis etc.  Perfino il seguire programmi televisivi o svolgere files o navigare in Internet  con il personal computer in compagnia del proprio figlio possono determinare un risultato positivo simile a quello menzionato nel gioco. 

     Alla base di tutte le considerazioni precedentemente presentate esiste quindi un dialogo genitori-figli che plasma il rapporto esistente e dona sempre una duale fiducia.

    Il dialogo è quindi decisivo per la formazione di un giovane e l’adolescente lo ricerca non solo nell’ambito familiare ma anche nel mondo esterno più vicino a lui quale quello scolastico.

 

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 RAPPORTI_DOCENTI_ALUNNI

 

L’allievo che trova nella Scuola un docente che ispira fiducia, col quale può iniziare un dialogo costruttivo, riesce molto meglio di un altro che trova inefficienti educatori.

Purtroppo, dopo tanti anni vissuti nella Scuola, ho potuto constatare che sono pochi i docenti che cercano un serio dialogo coi giovani.

Molto spesso si incontrano professori che sono molto preparati culturalmente ma non riescono a trovare un metodo adatto al grado culturale degli studenti ai quali essi devono rivolgersi doverosamente con il metodo didattico più appropriato.

Altri docenti, invece, non vogliono avvicinarsi alla gioventù poiché è in essi intrinseca la convinzione che non si deve dare alcuna confidenza ai giovani perché quest’ultimi non hanno la pur minima capacità di saper discutere con la loro altissima personalità.

Ed ancora, altri mancati educatori si comportano in modo poco efficiente, rifiutando il dialogo, poiché ricordano con disprezzo il modo diseducativo dei loro vecchi insegnanti e quindi rivolgono verso i loro alunni le ingiustizie e i  repellenti comportamenti ai quali furono sottoposti nella giovinezza.

Un fatto, saputo casualmente, che conferma quanto detto prima può essere il seguente.

In una Scuola Materna i bambini, atterriti da un assurdo comportamento dell’assistente della loro maestra nei loro confronti, un giorno, nel momento in cui la loro insegnante stava per lasciare l’aula all’assistente, l’hanno circondata e, piangendo, l’hanno supplicata di non abbandonarli a quella strega in educatrice che la doveva sostituire.

E’ inconcepibile che, specialmente nella scuola materna, possano capitare queste specie di maestre che, con i loro errati comportamenti, possono creare turbe psicologiche nelle piccole menti dei bambini.

L’insegnante della scuola materna o elementare dovrebbe essere più preparato psicologicamente dei docenti degli altri ordini di scuola ed essere più vicino ai piccoli allievi che egli deve iniziare a plasmare. I piccoli cercano infatti nell’insegnante un secondo padre o madre.

Certamente un comportamento anomalo potrebbe portare nei cervelli dei bimbi delle conseguenze che potranno, nel futuro, ripercuotersi non solo nel campo scolastico, con quasi certe dispersioni a breve o lunga distanza, ma anche nel mondo del lavoro da loro intrapreso.

Il Ministero della Pubblica Istruzione dovrebbe intervenire più frequentemente per individuare e far rientrare nel loro giusto comportamento quei maestri che si comportano in modo similare a quello  dell’assistente menzionata precedentemente.

Nello stesso modo dovrebbe agire il direttore didattico o preside che, constatata la irregolarità dell’insegnante, lo inviti a cambiare immediatamente il suo metodo.

I genitori, da parte loro, dovrebbero vigilare sempre sui figli specialmente quando sono in così tenera età ed intervenire se notano qualche anomalia nell’Istituto dei loro congiunti.

E’ ormai un fatto appurato che gran parte delle irregolarità presenti nella Scuola è dovuta al lassismo ricercabile nella componente genitori, che, per evitare possibili urti con la classe docente e dirigenziale, lascia che tutto continui come prima, danneggiando così, in prima persona, i propri figli.

COLORO CHE INSEGNANO DEVONO SAPERE CHE I GIOVANI SONO I MIGLIORI E PARIMENTI I PEGGIORI LORO GIUDICI.

Gli alunni accettano ben volentieri e desiderano ardentemente quei docenti che non solo si presentano preparati nella materia che insegnano, ma, principalmente , che riescono a capirli psicologicamente con il dialogo.

Un metodo che potrebbe essere suggerito è il seguente.

Il docente, non appena si presenta alla classe, dovrebbe far capire il suo metodo dicendo agli alunni che comprenderà innanzitutto i loro problemi e che cercherà, per quanto possibile, di dar loro consigli nei ritagli di tempo a disposizione, che possono essere gli ultimi dieci minuti di una o due ore di lezione, oppure, in certi casi, di dedicare per i problemi più interessanti anche qualche ora . Durante il dialogo che ne seguirebbe il docente dovrebbe dare tutti i consigli che ritiene necessari per la risoluzione del caso, ma senza strapotere ed accettando i ragionamenti positivi degli alunni e facendo comprendere il danno che ne deriverebbe nell’accettare i ragionamenti negativi.

Come contropartita l’educatore dirà ai suoi alunni che deve essere svolto un determinato programma stilato e presentato agli allievi all’inizio dell’anno, ma che esso potrebbe essere parzialmente accorciato nel caso in cui esistessero nella classe elementi coi quali il docente dovrebbe attuare un insegnamento individualizzato. Comunque il docente dovrà ribadire che sarà sempre pronto per ripetere, con una metodologia gradatamente più semplice, una unità didattica nel caso in cui i suoi studenti incontrassero difficoltà di apprendimento. A questo punto si deve sapere che esiste un congruo numero di insegnanti che rifiuta drasticamente di ripetere più volte l’illustrazione  di una determinata lezione agli alunni che la richiedono. Vi sono anche docenti che, non riuscendo a spiegare una argomentazione se non in un preciso determinato metodo, si mettono continuamente in urto coi loro allievi  che, giustamente e nel loro interesse, pretendono dal professore una spiegazione più semplice.

Il docente dovrà richiedere alla sua classe il massimo silenzio durante la sua spiegazione e durante le interrogazioni. 

Nel primo caso poiché la massima attenzione da parte degli alunni è garanzia per poter comprendere più facilmente la lezione ed anche perché in questo modo il docente può concentrarsi al massimo e rendere sempre più chiara la sua esposizione.

Nel secondo caso poiché la mente dell’interrogato richiede tranquillità per poter più facilmente comprendere e rispondere alla domanda del docente.

Durante le interrogazioni l’insegnante non dovrebbe comportarsi come un giudice accusatore ma all’inizio dovrebbe incoraggiare l’allievo, anche, possibilmente, con qualche battuta in modo che il giovane si metta a suo agio e riesca  senza preoccupazione a collegare col ragionamento le varie risposte da dare all’argomento richiesto e, nello stesso tempo, da una domanda all’altra, lasciare alcuni secondi affinché l’alunno possa coordinare la giusta risposta. Continuare a stimolare  lo studente interrogato dopo la risposta  positiva, per esempio con un “bravo” , “va bene”, “continua”.  Non infierire contro l’allievo ad una risposta negativa o parzialmente errata, ma far capire che è possibile dare ancora una giusta risposta.

 

Valutare al massimo la volontà, ovvero il tentativo continuo del giovane di migliorare, cercando di aiutare molto di più questo tipo di allievo, che quello che, pur molto capace, non vuole in alcun modo migliorare la sua preparazione culturale.  Non dire parole pesanti nei confronti dell’alunno al momento della individuazione dell’impreparazione ma cercare di capire, chiedendolo anche all’interrogato, il motivo nel non avvenuto studio, giustificando l’allievo nei casi più seri e parimenti facendo capire il male al quale incorre nel caso contrario.

Cercare di mettersi in contatto coi genitori nel momento in cui si nota una grave crisi dello studente e non si riesca a comprenderne la causa.

Far intervenire il medico scolastico o un psicologo oppure inviare l’alunno dal medico di famiglia o da uno specialista all’atto della constatazione di uno pur lieve disturbo, per esempio della vista o dell’udito.

Il docente deve compiere tutto ciò nel bene dei propri allievi e del proprio operato. Logicamente questo è uno dei metodi che possono essere adottati dal docente per la migliore riuscita del suo fine che è quello di educare i giovani e prepararli ad una vita futura piena di difficoltà e non.

Alla base di tutto vi deve essere ovviamente nel docente un valido grado di preparazione psico-pedagogica.

La Scuola Italiana, purtroppo, manca di questi docenti, i quali, spesso egoisticamente, invece si sentono profondamente preparati a riguardo.

I corsi di aggiornamento potrebbero essere molto interessanti se in essi si ricercassero, per ogni disciplina, tutti i metodi più validi, e più semplici per poter essere poi sviluppati in classe.

In essi vi dovrebbe essere certamente un coordinatore, ma che dovrebbe accettare ed ascoltare i metodi didattici e di comportamento presentati da tutti i convenuti, metodi che alla fine dovrebbero essere pubblicati per essere validamente considerati anche da quei docenti che, per molteplici motivi, non avevano partecipato ai corsi.

Il Ministero della Pubblica Istruzione dovrebbe incentivare questo tipo di corso di aggiornamento perché sino ad oggi quasi tutti i corsi di aggiornamento ed anche di abilitazione  si risolvono con tesi, che definirei di laurea ma che nulla hanno di didattica per le Scuole materne, elementari e medie.

Al contrario si dovrebbero attuare corsi di  aggiornamento del metodo didattico per ogni disciplina attraverso riunioni più frequenti tra colleghi dello stesso istituto, oppure tra docenti interdisciplinari delle stesso comune o della stessa provincia.  In essi tutti i docenti convenuti dovrebbero esporre il loro metodo didattico. Gli altri insegnanti dovrebbero ascoltare e scegliere, anche senza dichiararlo apertamente, la parte dell’esposizione del collega che ritengono più efficace del loro rispettivo metodo, per essere poi sviluppata in classe.

In questo modo i docenti potrebbero reciprocamente migliorare ed affinare il loro metodo didattico.

I DOCENTI CHE SI SENTONO PREPARATISSIMI CULTURALMENTE, MA CHE NON RIESCONO A DIALOGARE COI GIOVANI, DOVREBBERO NON INSEGNARE MA DEDICARSI ALLA RICERCA O CERCARE, AL LIMITE D’ESSERE AUTODIDATTI.

I GIOVANI NON HANNO BISOGNO DI QUESTI TIPI DI PROFESSORI ACCADEMICI, MA DI PERSONE CHE CON SEMPLICITA’ FACCIANO LORO CAPIRE LA RELATIVA DISCIPLINA SIN DALLE FONDAMENTA.

Cerchino i docenti di dedicare almeno un’ora durante la settimana o il mese per discutere sui problemi mondiali presenti ed inizialmente sul valore della pace, dell’armonia nella famiglia, ma evitino al massimo di parlare di loro politica, che può urtare con le molteplici idee degli allievi. Partecipino alle assemblee degli studenti anche senza intervenire per capire le problematiche sociali che interessano i giovani.

Parlino i docenti delle importantissime associazioni mondiali, quali l’ONU, l’UNICEF, l’UNESCO etc.

Si faccia notare quanti e quali sono i paesi sottosviluppati del mondo dove la popolazione è denutrita, dove i piccoli muoiono di fame e quale potrebbe essere l’impegno di tanti paesi molto più fortunati.

Con dovute illustrazioni o libri relativi o proprie considerazioni si faccia capire l’importanza della pace, e quale potrebbe essere il risultato positivo se tutti i giovani del mondo e i loro genitori si muovessero per far comprendere ai Capi delle Superpotenze ed ai Presidenti degli altri Paesi più o meno democratici quanto è desiderato il loro dialogo e quanto sarebbe fantastico un mondo effettivamente unito, pieno di democrazia, di pace e di amore reciproco.

                           

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