DAL CORRIERE DELLA SERA

A 4 anni dalla morte di Giovanni Paolo II sono 251 le guarigioni inspiegabili

I nuovi miracoli di Papa Wojtyla

«Oggi» svela le storie segrete di David ed Eva, i nuovi salvati. Ma il Vaticano non ha fretta

Giovanni Paolo II
Giovanni Paolo II
In principio fu la suora francese Marie Simon Pierre: è stata lei la prima a gridare al mondo di essere guarita dal Parkinson grazie all’intercessione di Papa Wojtyla. Oggi, a quattro anni dalla morte di Giovanni Paolo II, le notizie di miracoli rimbalzano da un capo all’altro del pianeta. Tanto da spingere molti a ritenere che presto, molto presto, Karol il Grande sarà proclamato beato. Ma la Chiesa, si sa, non ha fretta. E la Congregazione per le cause dei santi sta vagliando con molta attenzione tutto il materiale, le parole, le testimonianze che arrivano. 

DZIWISZ - Un bambino che guarisce da un tumore ai reni. Una donna che riapre gli occhi dopo che è stata dichiarata morta. Sono solo due dei 251 episodi inspiegabili contenuti nel fascicolo del Papa polacco. Ecco i racconti e i volti dei protagonisti a Roma. Prima di poter parlare veramente di prodigi occorrono studi approfonditi e indagini mediche. Per evitare che si gridi al miracolo inutilmente. Eppure la conferma di questo fermento arriva proprio da uno dei più discreti collaboratori di Papa Wojtyla, quel Stanislao Dziwisz (oggi cardinale di Cracovia) che per quarant’anni è stato il suo segretario particolare. Pur non pronunciandosi sull’autenticità delle segnalazioni, ha rivelato che sono ben 251 le «grazie» all’esame della Postulazione per la causa di beatificazione di Wojtyla. Noi di «Oggi» abbiamo scoperto due dei casi più clamorosi: uno accaduto nella diocesi di Houston (negli Stati Uniti) e l’altro in quella di Danzica (in Polonia). Due episodi che, a detta dei medici, non hanno un’apparente spiegazione. E che quindi ora sono al vaglio degli accertamenti della Chiesa locale, prima di essere inviati al Vaticano. Queste due storie, così lontane l’una dall’altra, ma legate alla stessa figura del Papa polacco, noi ve le raccontiamo, con le immagini dei pazienti che dicono di essere stati miracolati da Dio, per intercessione di Giovanni Paolo II. Per intuibili motivi di privacy, ci limiteremo a citare solo i nomi dei protagonisti.

IL PICCOLO DAVID
Cominciamo dalla storia di David, un bambino di nove anni, ricoverato all’ospedale di Danzica, per un terribile tumore ai reni. I medici non lasciano speranze ai genitori di David, Miroslaw e Lucyna. L’intervento chirurgico è sconsigliato, perché ritenuto inutile: gli organi sono troppo fragili e le metastasi sono già troppo diffuse. I genitori insistono: vogliono salvare il loro unico figlio e scongiurano i medici di tentare comunque l’intervento chirurgico. I medici cedono alla richiesta: operano il piccolo, che però non migliora, anzi... Si sperimenta anche una nuova cura, con medicine innovative provenienti dagli Stati Uniti. Ma la situazione precipita. Al punto che è lo stesso David, esausto e consapevole, a chiedere a mamma e papà di non accanirsi sul suo corpicino martoriato. A Lucyna e Miroslaw non resta che la preghiera: accanto al letto di David, invocano in continuazione l’aiuto di Giovanni Paolo II. Anzi, maturano una pazza idea: portare il piccolo sulla tomba di Papa Wojtyla, a Roma. Il piccolo è troppo debilitato, quasi scheletrico. I medici sconsigliano assolutamente il viaggio. Ma non possono fare nulla davanti a David che dice di volerlo fare quel viaggio. Nonostante tutto.

IL VIAGGIO
Dunque, si parte: Danzica-Roma in aereo. Poi, da Fiumicino, un’ambulanza porta David, Lucyna e Miroslaw fino in piazza San Pietro. Sono le 17,40 del 29 agosto 2006. La Basilica sta per chiudere, e David, in barella, fa appena in tempo a scendere nella Grotta dei Papi. Con mamma e papà prega sulla tomba di Giovanni Paolo II. Tutti e tre chiedono l’impossibile. Una decina di minuti in ginocchio. Gli occhi chiusi, il cuore fisso al cielo. David non dice una parola, ma prima di allontanarsi da quella lastra di marmo bianco abbozza un sorriso. Gli infermieri spingono la barella verso l’uscita. Dietro, Lucyna e Miroslaw. Appena fuori dalla basilica, David chiede di fermarsi: «Fatemi scendere, voglio camminare!», dice. Nessuno ha nemmeno il tempo per stupirsi di quella richiesta. Il bambino è già sceso dalla barella e si sta dirigendo verso il centro della piazza. Impossibile! È ridotto pelle e ossa, ma David chiede qualcosa da mangiare. Lucyna e Miroslaw scoppiano a piangere, vedendo il loro bambino che quasi corre, tenendosi i pantaloni con le mani: è talmente dimagrito che non gli stanno su da soli... La notte è difficile prendere sonno. La pensione romana dove soggiorna David è in subbuglio: i genitori raccontano tutto agli altri ospiti che la mattina dopo sono pronti a tornare tutti sulla tomba di Wojtyla. Per ringraziarlo: la supplica di Miroslaw e Lucyna è stata accolta.

LE INDAGINI
David e i suoi genitori tornano in Polonia. Anzi, tornano all’ospedale di Danzica: vogliono far vedere cos’è accaduto ai medici che hanno avuto in cura il piccolo. Il caso richiede tempo, analisi, verifiche, riscontri, accertamenti: solo il 5 settembre 2007, più di un anno dopo, una commissione medica polacca dichiara David completamente guarito da quel terribile tumore ai reni. E che si tratta di una guarigione inspiegabile: l’esito di quella malattia in quello stadio avrebbe dovuto essere la morte. E, invece, David è tornato alla vita, alla scuola, ai suoi amici.

I coniugi texani Eva e Martin (da «Oggi»)
I coniugi texani Eva e Martin (da «Oggi»)
A HUSTON
Da Danzica a Houston. Nella città del Texas, negli Stati Uniti, vive una coppia di pensionati, Marian ed Eva. Gli acciacchi, a una certa età, non mancano mai. Ma nel settembre 2007, Eva viene ricoverata al Saint Luke Hospital per una violenta e inspiegabile crisi respiratoria. L’episodio impone accertamenti medici. Le analisi rilevano una cisti ovarica, ma niente in relazione con la crisi respiratoria. Eva viene dimessa. Qualche giorno dopo una nuova crisi: le manca il fiato, il cuore batte all’impazzata. Il marito chiama l’ambulanza, che arriva in una batter d’occhio.  

SITUAZIONE DISPERATA
I paramedici capiscono subito la gravità della situazione e preparano Marian al peggio: «Non sappiamo se sua moglie arriverà viva all’ospedale», dicono. La donna è cianotica, il respiro è quasi inesistente. All’ospedale ci arriva e viene ricoverata in rianimazione. Qui le diagnosticano un embolo polmonare. Il medico porta Marian in disparte: «Il cuore di sua moglie è ormai compromesso», gli dice. «È questione di poche ore». All’uomo crolla il mondo addosso: la donna che ha amato per tutta la vita se ne andrà per sempre. Rimane immobile, come di pietra, davanti al vetro della rianimazione: dall’altra parte c’è Eva, intubata. Non sa se lo vede, ma lui le rivolge un ultimo sguardo tenerissimo. Poi corre nella cappella dell’ospedale: qui prega Giovanni Paolo II. Le parole sono un tutt’uno con le lacrime. Quasi non osa chiedere la guarigione della moglie, ma che almeno gli sia data la forza di sopravvivere al dolore della perdita di Eva, la donna con cui ha condiviso più di trent’anni di amore.

LA LINEA È PIATTA
Marian torna al vetro della rianimazione. Capisce subito che tutto è finito: la macchina che registra il battito cardiaco della sua Eva emette un suono fisso, quella maledetta linea verde è piatta, inequivocabilmente piatta. Marian piange tutte le sue lacrime e dopo qualche minuto si avvia all’uscita: non vuole assistere alle ultime operazioni che gli infermieri devono fare sul corpo senza vita di sua moglie. Con la mente è già al funerale, al dopo, a come sarà la sua vita senza Eva. Sta per salire su un taxi, sente una voce che lo chiama. Si volta: è un medico che gli corre incontro. «Vorrà comunicarmi del decesso», pensa tra sé. Cerca di chiudere lo sportello del taxi: non potrebbe sopportare quelle parole. Ma il medico lo ferma appena in tempo: «Sua moglie è viva!», gli urla. «Ha riaperto gli occhi e ha chiesto di lei: non può andare via!». Marian ha un attimo di sbigottimento, crede di sognare. Invece è tutto vero: Eva lo aspetta sorridente nel lettino della rianimazione. Anzi, si alza e gli va incontro. Intorno ai due, un gruppo di medici: non si spiegano come possa essere accaduto tutto ciò.

NUOVI ESAMI
Il giorno dopo Eva viene nuovamente sottoposta a una fitta serie di esami. I medici vogliono vederci chiaro, cercare di capire che cosa è successo. Durante le analisi, la scoperta sconvolgente: della cisti ovarica non c’è più traccia e nemmeno dell’embolo. Il cuore? Come se non avesse mai avuto alcun problema. Alcuni medici parlano di episodio «sconvolgente», altri osano pronunciare la parola «miracolo», ma tutti concordano su un’espressione: «È un caso di resurrezione da morte acclarata, accertata dalle macchine». Vengono controllate e ricontrollate tutte le macchine e tutti i parametri: non c’è spiegazione scientifica e medica a quello che è accaduto. Ora Marian ed Eva sono tornati a vivere nella loro casetta nel cuore del Texas. E serbano il loro piccolo-grande segreto: tutti i medici dell’ospedale sanno che cosa è accaduto nel reparto di rianimazione, ma nessuno di loro sa quello che è successo nella cappella del Saint Luke Hospital.

Franco Bucarelli
01 aprile 2009