La Riserva Naturale di CIANE-SALINE nella periferia di Siracusa

 

COME SI RAGGIUNGE: Si può raggiungere in due modi : via terra o per via fluviale. Via terra: percorrendo per alcuni km la strada provinciale SIRACUSA-CANICATTINI BAGNI. Dopo circa 4 km dal capoluogo vi è (a sinistra andando verso Canicattini Bagni) vi è l’indicazione che introduce il turista sulla strada che porta alla sorgente del fiume Ciane; Per via fluviale andando da Siracusa verso Avola e, a soli 2 km dal capoluogo si passa sopra il fiume Anapo e Ciane e, dopo qualche metro, vi è, a sinistra, l’ingresso al luogo dove sono presenti barche che portano il turista a visitare tutto il fiume Ciane coi meravigliosi papiri.

 

 

Istituita con Decreto dell'Assessorato Territorio Ambiente il 14 Marzo 1984, la riserva è orientata alla salvaguardia e rivitalizzazione del papiro lungo tutto il

corso del Fiume Ciane ed alla conservazione dei valori ambientali della

zona umida delle Saline di Siracusa. Ad oggi non è stato ancora completato

il procedimento di esproprio.

Il fiume Ciane e le Saline di Siracusa o, come sarebbe meglio dire, le saline abbandonate di Siracusa,costituiscono un’area protetta quasi alla periferia cittadina. Si trattadi una riserva regionale gestita dalla Provincia Regionale di Siracusa. In realtà i due ambienti - il fiume Ciane e le Saline - hanno ben poco in

comune e l’accorpamento in un’unica riserva è stato dettato solo da

opportunismi prevalentemente di tipo politico-economico.

Il Ciane è un breve fiume in località "Pantanelli" di Siracusa. Nasce dalle sorgenti di "Testa Pisima", la principale e "Testa Pisimotta", la più piccola, e dopo un percorso di circa 8 Km, sfocia nel Porto Grande di Siracusa.

Il corso ha un andamento curvilineo, tipico dei fiumi che scorrono nelle pianure alluvionali. Qui le pienericorrenti hanno ridotto le pendenze dell'alveo al punto che le acque stentano a trovare la via del mare ed indugiano in una serie di

caratteristici meandri sinuosi.

L’assetto attuale del fiume non è però quello originario. Infatti solo alla fine del secolo scorso il Ciane era ancora un affluente dell’Anapo. Le piogge invernali, però, provocavano frequenti straripamenti e quindi si generavano vaste paludi ed acquitrini, che favorivano la diffusione della malaria.

Per questa ragione, con un grande progetto di riassetto territoriale, intorno al 1890 lo Stato interveniva a bonificare l’area, costruendo alcuni canali artificiali e dando al Ciane una foce autonoma.

L’alveo del fiume, dunque, è in parte naturale, in parte artificiale.

Un altro intervento, che ha profondamente modificato l’aspetto e l’ecologia del fiume, è l'attività di derivazione (prelievo) dell’acqua del Ciane, svolta dal Consorzio di bonifica per le paludi Lisimelie.

L’intervento risale agli anni ’60. Il consorzio fu allora autorizzato dal Ministero dei Lavori Pubblici alla derivazione dell'acqua del Ciane per scopi agricoli. Veniva tuttavia consentito, a titolo provvisorio, in attesa che fosse completata la rete

di distribuzione, l’utilizzo a scopo industriale delle acque.

Nella parte terminale del fiume venne così realizzata un’ampia vasca di decantazione, una stazione di pompaggio ed un sistema di chiuse per consentire alle barche cariche di turisti di continuare a percorrere il fiume e controllare al tempo stesso il flusso del corso d'acqua.

Nelle vasche di decantazione l'acqua rallentava la sua velocità, depositava i materiali in sospensione, veniva aspirata dalle idrovore, spinta in una grande condotta e attraverso questa trasferita alla zona industriale.

L’acqua sottratta al fiume avrebbe dovuto essere destinata agli usi agricoli, in realtà però - ormai da decenni - è stata utilizzata dall’industria.

Oggi l'acqua del Ciane non viene più utilizzata da nessuno perchè l'eccessivo sfruttamento delle falde ne ha determinato l'insalinazione.

L’elemento caratterizzante della vegetazione del Ciane è certamente il papiro: Cyperus papyrus L. ssp. siculus (Parl.) Chiov., appartenente alla famiglia delle Ciperacee, ma la specie dominante nell'ambiente fluviale è invece la Cannuccia, Phragmites australis (Cav.) Trin. ex Steudel, che spontaneamente si sviluppa sugli

argini del fiume e che sistematicamente viene tagliata ed estirpata per lasciare spazio al papiro.

Il papiro è una pianta tipica delle regioni nord-africane, nota fin dall’antichità. Ad essa è legato lo sviluppo della civiltà umana e della scrittura, per essere stata la

materia prima per la produzione della "carta Papiro" degli Egizi. In

Europa è una specie alquanto rara, da ciò l’interesse per l’ambiente del

Ciane, ove si hanno notizie storicamente documentate della presenza del

Papiro già dal 700, anche se molti ritengono che fosse già presente in epoca greca e romana.

Sulla presenza del Papiro nella nostra zona sono state formulate due ipotesi: secondo alcuni autori questa specie sarebbe spontanea di questo sito e dunque autoctona; secondo altri il papiro sarebbe invece una specie introdotta in tempi remoti e poi naturalizzata.

A favore della prima ipotesi c’è il fatto che le caratteristiche del papiro del fiume Ciane sono in parte diverse da quelle del papiro africano, ma a sostegno della seconda ipotesi c’è il fatto inconfutabile che senza le cure dell’uomo il papiro del Ciane sarebbe destinato a soccombere, o probabilmente sarebbe già scomparso.

Prima della bonifica delle Paludi Lusimelie, il papiro era una specie spontanea, successivamente, modificato l’ambiente paludoso, la sopravvivenza della pianta si è indissolubilmente legata alle cure dell’uomo.

La pianta di Papiro presenta nella parte superiore un caule trigono, all’esterno costituito da un involucro sottile ma compatto di tessuti tegumentari e conduttori, che gli conferisce la rigidità necessaria mentre all’interno è caratterizzato dalla presenza di una sostanza spugnosa, bianca (un parenchima aerifero).

La struttura interna del caule è funzionale all’esigenza per la pianta di assicurare la circolazione dell’aria ai rizomi ed alle radici, che vivendo immersi in acqua e nel

terreno umido necessitano di adeguata ossigenazione.

E’ proprio dal caule che, con un procedimento scoperto alla fine del 700’ da uno studioso siracusano,

Saverio Landolina, si otteneva la carta papiro. La produzione continua

ancora oggi nei laboratori artigianali per scopi commerciali e turistici.

L’ombrella, che così tipicamente sormonta il fusto, costituisce un un folto ciuffo di filamenti (rami), alla cui estremità sono portate a fioritura le spighette fertili.

Lungo le sponde e le anse del fiume il papiro trova le condizioni ideali per la propria crescita, in particolare nei punti dove la corrente diviene più lenta e si creano condizioni simili a quelle di una palude. In questi siti si forma un fitto

intreccio di papiro e piante palustri come: la Cannuccia, i Carici (Carex

pendula, Carex riparia, ecc.), il Crescione (Nasturtium officinale), la

Salcerella (Lythrum salicaria), la Menta acquatica (Menta acquatica).

L’alveo del fiume, in più tratti, è fittamente tappezzato da una vegetazione tipicamente acquatica, dotata di apparato radicale ancorato al fondo e corpo fluttuante in lunghi cordoni che spesso affiorano in superfice. Tra queste molto presenti sono il Potamogeton ed il Ceratophyllum. Dove l’acqua è ferma si può trovare la Lenticchia d'acqua (Lemna minor) a formare come dei tappeti sulla

superficie dell’acqua.

Gli argini del fiume sono segnati e spesso sostenuti da grandi esemplari di Frassino (Fraxinus excelsior).

Sulla corteccia di queste piante si rileva molto frequentemente la presenza di licheni, organismi dall’aspetto di croste di colore arancione.

Questi piccoli vegetali sono interessanti per l’essere costituiti da alghe

e funghi legati fra loro da rapporti simbiontici. Le alghe (Cyanophyta),

sono in grado di fotosintetizzare ed organicare l’azoto atmosferico. I

funghi (Ascomiceti) sono specializzati nell’assorbimento dell’acqua.

I licheni sono considerati indicatori biologici, la loro presenza in un ambiente, ed in particolare la presenza degli organi di riproduzione, indicano l’assenza di inquinanti nell’aria.

I Frassini (Fraxinus excelsior e Fraxinus oxycarpa) sono gli alberi tipici del nostro ambiente fluviale.

Nella pre-riserva è abbondantemente presente anche l'Eucalipto (Eucaliptus globulus). Impiantati negli anni 50-60, questi alberi - di origine australiana - sono stati diffusi nel nostro Paese per la crescita rapida, e per la possibilità di utilizzare il legname nell’industria della cellulosa. Si riteneva anche che le sostanze

aromatiche contenute nelle foglie tenessero lontane le zanzare.

La Gallinella d'acqua è sicuramente un elemento dell'avifauna significativamente presente in questo ambiente. E' una specie nidificanti così come lo sono il

Porciglione ed il Tarabusino ed il Martin Pescatore. Molto presente sono anche la Cannaiola ed il Pendolino.

L'ambiente del Ciane ospita ancora il Granchio di fiume, tartarughe e cefali.

Le saline di Siracusa, situate a ridosso della città, hanno costituito - già dal 1600, quando vennero attivate dal barone Giuseppe Bonanni - una risorsa economica di sicuro interesse. L'ambiente palustre, pianeggiante, talora leggermente

sottoposto rispetto al livello del mare, rappresentava un sito vocato

all'attività estrattiva del sale. Fino a pochi decenni fa le saline erano

in attività. Poi negli anni '80 sono state abbandonate per la crisi del

settore. L'istituzione della riserva (Legge regionale n° 98 del 6 maggio

1981) ha favorito il processo di rinaturazione, che ha portato alla

situazione attuale.

Quest'ambiente – pur conservando delle peculiarità di grandissimo rilievo - dal punto di vista paesaggistico non ha certamente lo stesso fascino del Ciane.

Le Saline di Siracusa sono un’area protetta orientata alla conservazione dei valori ambientali delle zone umide, luoghi nei quali la terra e l’acqua si fondono, dove la linea di demarcazione non è nettamente definita ed è comunque soggetta ad

oscillazioni stagionali.

Le saline costituiscono un ambiente singolare in quanto il fondo perfettamente pianeggiante delle vasche e la loro quota altimetrica consentono all’acqua marina, che periodicamente le invade ed alle acque piovane che vi si raccolgono, di raggiungere altezze tali da consentire, con il sopravvenire della stagione estiva,

l’evaporazione totale dell’acqua. Prima dell’evaporazione tutti gli

organismi, che nei mesi precedenti si erano sviluppati nelle acque, si

vanno concentrando nelle acque residue, che così diventano un ambiente

ricchissimo di sostanza organica, vivente o in decomposizione.

Anche quando erano attive le Saline costituivano un ambiente ricco di vita. Situate in vicinanza del mare, appositi canali consentivano all’occorrenza l’immissione di acqua marina, che poi veniva convogliata in talune vasche e fatta lentamente evaporava.

Raggiunta una certa concentrazione di sale le vasche venivano svuotate ed

il contenuto trasferito ad altre vasche dove si completava l’evaporazione

ed alla fine veniva raccolto il sale, che accumulato e fatto asciugare al

sole formava i tipici luccicanti cumuli conici.

Contrariamente a quanto si può pensare, gli animali non venivano disturbati dall’azione dell’uomo nelle saline, anzi, il salinaro, regolando nelle vasche il livello dell’acqua consentiva a tutta l’avifauna di potersi alimentare in funzione della

statura corporea e quindi delle esigenze alimentari e di habitat.

Le Saline di Siracusa sono attualmente considerate aree umide e quindi territorio protetto per il ruolo che questi ambienti hanno in particolare per la conservazione delle specie migratorie. Qui gli uccelli che due volte l’anno si spostano sulla

direttrice Nord-Sud arrivando stremati possono rifocillarsi, sostare e

recuperare energia per completare il viaggio.

Specie caratteristiche, facilmente osservabili sono: il Cavaliere d'Italia, il Porciglione, l’Airone cinerino, la Spatola, la Garzetta, il Falco di palude (circa 150 specie osservate).

Questo ambiente è interessante anche dal punto di vista floristico e vegetazionale per gli effetti che l'abbondanza di sale, le temperature elevate ed il substrato esercitano sulle piante.

L'eccesso di sale nel terreno porta a soluzioni circolanti ipertoniche rispetto alle radici e quindi, in assenza di particolari adattamenti, le piante tenderebbero a cedere acqua, a disidratarsi e dunque, ad appassire. In effetti l’ambiente, attraverso i meccanismi evolutivi che gli sono propri, ha favorito l’insediamento di

specie provviste di specifici adattamenti, come particolari strategie di

ritenzione idrica e di eliminazione dei sali cristallizzati.

Per certi versi la salinità dell’ambiente esercita effetti simili alla xerotermia (temperature elevate e scarse precipitazioni) che favorisce adattamenti fondati sulla riduzione dell’evapotraspirazione e sulla ritenzione idrica.

Tra le specie tipiche di questi ambienti ricordiamo: le Salicornie, l’Inula chritmoides e viscosa, la Sueda fruticosa, la Matthiola tricuspidata, l’Halimione portulacoides, lo Juncus acutus, i Limonium ed una certa varietà di graminacee.

Sul litorale sabbioso abbondano i resti di Posidonia oceanica. E’ questa una pianta superiore che vive sui fondali marini, dove svolge una funzione di grande rilievo per l’ecologia marina, è infatti un protagonista fondamentale nel processo di

ossigenazione delle acque marine e quindi la vitalità del mare è in parte

legata alla diffusione di questa specie.

Strappata dalle mareggiate e scalzata dal moto ondoso, la Posidonia viene accumulata in grandi quantità sulle spiagge, dove contribuisce significativamente alla formazione dei cordoni sabbiosi litoranei.

Oggi le saline sono soprattutto un luogo privilegiato per l'osservazione degli uccelli

acquatici. Il periodo più ricco di fauna è l'inverno: da novembre a marzo

sono presenti centinaia di Folaghe, nere e spesso in gruppi compatti,

molte anatre fra cui Germani reali, MestoIoni, Alzavole, Fischioni, spesso

anche i rari Fischioni turchi, a volte i Fenicotteri ed i Cigni reali.

Alcuni Falchi di palude volteggiano continuamente lungo il canneto che è

spesso il posatoio serale di spettacolari assembramentì formati da decine

di migliaia di Storni. In questo periodo a mare sono facilmente osservabili i Cormorani spesso posati sui piccoli scogli antistanti le saline, moltissimi ed ovunque i Gabbiani comuni.

Con l'arrivo della primavera scompaiono i grandi stormi invernali,

ma aumenta la varietà dispecie per l'arrivo dei migratori dall'Africa. Sono particolarmente vistosi in questo periodo alcuni grandi trampolieri come i grigi Aironi cenerini, le bianchissime Garzette, le curiose Spatole dal becco a

cucchiaio, o l'Ibis Mignattaio. In Aprile compare un trampoliere di medie

dimensiòni bianco e nero e dalle lunghe zampe rosse: il Cavaliere

d'italia. Molte coppie nidificano lungo gli argini e spesso gli adulti si

levano in volo vociando incessantemente per allontanare altri uccelli o

possibili intrusi. A volte i nidi sono così vicini al sentiero che gli

intrusi potrebbero essere i visitatori stessi: in questo caso è bene

allontanarsi immediatamente per evitare che le uova - abbandonate dagli

uccelli spaventati - raffreddandosi, possano rovinarsi o essere predate da

cani randagi o gazze che approfittano della temporanea assenza degli

uccelli dal nido. Nella tarda primavera sono comuni piccoli trampolieri di

diverse specie: Gambecchi, Piovanelli, Corrieri grossi, in viaggio verso

le aree di riproduzione artiche.